Che cosa è la Ricerca Operativa e qual è il suo impatto? - 1° Parte [#8]
Scopriamo l'affascinante disciplina che permette di affrontare rilevanti problemi decisionali di ottimizzazione a risorse limitate che sorgono nell'analisi di sistemi complessi.
Introduzione alla Ricerca Operativa
Quando sei un imprenditore (o un manager) ti trovi spesso a dover prendere decisioni basandoti esclusivamente sulla tua esperienza e su ciò che pensi sia la cosa giusta. È un rischio? Si (e a volte anche grosso). Ad esempio, prendere decisioni di pancia su questioni complesse come quelle legate al trasporto, alla localizzazione di un punto vendita, alla produzione industriale, alla selezione e distribuzione di beni di servizio, eccetera è rischio imprenditoriale che si può pagare a caro prezzo. E dunque bisognerebbe chiedersi: come posso ridurre il rischio di prendere una decisione sbagliata che arreca, nell’immediato e nel futuro, un potenziale danno alla mia attività?
Con la ricerca operativa.
Si tratta di un approccio scientifico all’analisi dei problemi e al decision making. Cioè usiamo la matematica e i calcolatori per sviluppare modelli matematici che permettano di predire le conseguenze associate a scelte alternative e di determinare la scelta ottima.
Dunque possiamo stabilire in anticipo, e in maniera scientifica, quali e quante conseguenze possono nascere per ogni decisione presa e prendere la decisione che implica la conseguenza minore e il vantaggio migliore (riducendo, cosi, il rischio decisionale).
La rilevanza della Ricerca Operativa (RO) negli ultimi decenni è un crescendo, soprattutto per i contesti estremamente dinamici e complessi.
Ricerca Operativa: disciplina che si occupa della ricerca del modo migliore di condurre le operazioni. Sarebbe corretto rinominarla come la «scienza del meglio».
I problemi affrontati (come il caso studio che vedremo nella seconda parte di questo articolo), sono tipicamente quelli in cui bisogna prendere delle decisioni sull’uso di risorse limitate (vincoli) cercando di massimizzare il massimo risultato ragionevole ottenibile dall’uso delle risorse stesse.
In quali ambiti si applica la ricerca operativa e qual è il suo impatto?
Gli ambiti di applicazione sono vasti, ecco un elenco per darti un’idea:
Aerospaziale;
Biologia;
Energia;
Economia e Finanza;
Ambiente e transizione ecologica;
Governi e pubblica amministrazione;
Sanità;
Sistemi Informativi;
Supply Chain Management;
Marketing;
Sistemi di produzione industriale;
Militare e sicurezza;
Telecomunicazioni;
eccetera.
I risultati della sua applicazione sono fenomenali. Nella seguente tabella ti riporto alcuni esempi di problemi di ottimizzazione sorti in vari ambiti applicativi e risolti con successo. Questi esempi sono presi dalla lista dei lavori finalisti del premio Franz Edelman che la comunità internazionale assegna annualmente alle applicazioni di Ricerca Operativa di maggiore rilevanza.
Chi risparmia, chi ottimizza e raddoppia la produzione, chi massimizza i profitti, insomma la ricerca operativa è una competenza non trascurabile per chi vuole estrarre il massimo valore potenziale dalla gestione.
Solo negli USA, la ricerca operativa, impiega circa 50 mila persone che lavorano in aziende come American Airlines, Merrill Lynch, Citicorp, AT&T, General Motors e American Express.
Le capacità del ricercatore operativo prevedono solide basi di matematica (analisi matematica, geometria e algebra lineare, probabilità e statistica), di conoscenza di modelli di algoritmi base, di saper usare software specifici e doti di leadership nel convincere persone ad attuare le soluzioni ottimali.
Lo schema per affrontare i problemi di ottimizzazione
Nella vita quotidiana, senza rendercene conto, affrontiamo problemi di ottimizzazione: per esempio determinare il miglior percorso per andare al lavoro, fare la spesa minimizzando il tempo impiegato e non superando il budget a disposizione, ecc…
Se per problemi quotidiani non è necessario ricorrere alla Ricerca Operativa (meno male!), questi strumenti quantitativi messi a disposizione dalla matematica non possono essere ignorati nel risolvere problemi più complessi e di più vasto impatto.
Per esempio in ambito industriale si ricorre alla Ricerca Operativa quando si deve pianificare la produzione, in ambito dei trasporti quando si deve determinare il percorso di un autobus in modo da massimizzare la qualità del servizio o il numero dei passeggeri serviti, eccetera.
Prima di passare al caso studio, vi dico qual è lo schema per risolvere i problemi decisionali.
Le 7 fasi dello schema per risolvere problemi decisionali
Individuazione e formulazione del problema decisionale;
Analisi della realtà (segando i rumori di fondo) e raccogliendo solo i dati che contano;
Costruzione di un modello matematico, come astrazione del problema reale;
Codifica, verifica, validazione del modello matematico;
Determinazione di uno o più soluzioni;
Stesura del report;
Implementazione;
Si parte con l’individuazione del problema, che prevede un’intervista approfondita per poter capire se si tratta veramente di un problema decisionale. Bisogna stare molto attenti a distinguere quello che racconta a parole il committente, perché c’è molto rumore di fondo che non bisogna scambiare per informazione. Ad esempio: la descrizione del problema potrebbe essere non chiara perché l’imprenditore non ha capito il suo problema oppure, si può scoprire che quello di cui parla il committente non è veramente un problema decisionale.
Quali sono gli elementi che non possono variare (e quindi attorno a cui non verte nessuna decisione) e quelli che invece possono variare?
Saper individuare con precisione tutti i vincoli che regolano il problema e definire quale obbiettivo perseguire (massimizzare i profitti, ridurre i costi, ottimizzare i percorsi, ecc) è cruciale per la costruzione di un modello matematico che sia il più fedele possibile alla realtà. Bisogna anche stabilire con quale criterio di preferenza, rispetto alle diverse alternative, si scelgono alcune soluzioni rispetto ad altre.
La raccolta dati è delicata, perché in alcuni casi non è possibile avere dati certi, in quanto certi fenomeni non sono noti e ci si deve accontentare di serie storiche o di previsioni. Altre volte i dati sono noti, ma non possono essere divulgati perché sono coperti dal segreto industriale per prevenire attacchi dalla concorrenza. Allora in questo caso si costruiscono dei generatori casuali di dati per poter comporre dei casi (istanze) del problema verosimili. Inoltre, bisogna interrogarsi sulla qualità dei dati acquisiti poiché potrebbero alterare o invalidare il modello matematico.
Il momento che riguarda la costruzione del modello matematico, rappresenta la fase più delicata di astrazione e schematizzazione del problema. Di solito scompongo il problema in “sottoproblemi”, in modo tale che possano essere risolti matematicamente utilizzando gli strumenti algoritmici più opportuni. La complessità del modello dipenderà dalla complessità del problema, e potrebbe passare abbastanza tempo prima di trovare una modellizzazione che generi una soluzione ottimale.
Costruire un “Minimo Modello Matematico“.
Riprendendo - dal mondo delle Start up - il concetto di "Minimum Viable Product”, possiamo, per analogia, ipotizzare di costruire un modello matematico minimo.
Esso ha il vantaggio di
testare le nostre ipotesi;
di non intervenire sul sistema (immaginate quale impatto economico e gestionale possa comportare il testare la validità o meno di un ipotesi che stravolga un impianto produttivo);
permette di effettuare, anche in parallelo, l’analisi di più scenari. Infatti, vagliando le caratteristiche del modello matematico – quelle sufficienti affinché si possa ricevere un feedback praticabile – evitiamo di lavorare su modelli matematici errati. Un dettaglio che fa risparmiare tempo, costi e rischi di implementazione o di pervenire a soluzioni non soddisfacenti.
Infatti, se già nei primi tentativi di costruzione del modello matematico ci accorgiamo che siamo lontani dalla soluzione del problema reale, possiamo tornare indietro e rimodellare matematicamente il nostro problema.
Tutto a costo zero (se non il tempo intellettuale investito).
Poi si avanza nella scelta di una procedura di risoluzione del modello matematico , il cosiddetto algoritmo. Ossia una procedura computazionale ben definita che trasforma dati di ingresso in un insieme di dati in uscita, al fine di risolvere il problema.
Mettiamoci in testa che non sempre è possibile risolvere all’ottimo un problema decisionale, e più delle volte ci si deve accontentare di un algoritmo euristico, ossia di un algoritmo che non garantisce di trovare la migliore soluzione al problema ma una “buona” soluzione comunque ammissibile.
Ci sono poi anche altri algoritmi che garantiscono soluzioni ammissibili con valori prossimi a quello dell’ottimo, ma solo entro un certo range: tali algoritmi sono detti approssimati.
E poiché le istanze del problema possono avere dimensioni tali per cui eseguire l’algoritmo di soluzione manualmente è impossibile, allora si implementerà l’algoritmo in un opportuno linguaggio di programmazione creando il codice di calcolo che consente la risoluzione del problema mediante computer. Si possono usare software per manipolare matrici, visualizzare funzioni e dati, implementare algoritmi e pervenire ad una soluzione.
Le seguenti fasi appena elencate non sono necessariamente in sequenza. Anzi, molto spesso, prima di implementare il modello matematico sul problema, si realizzano una serie di esperimenti matematici che ci danno un feedback prezioso. Feedback che può essere incoerente rispetto alla realtà, rilevando quindi una non perfetta corrispondenza del modello matematico al problema reale o magari manifestando, nella fasi successive, alcuni errori (come per esempio, errori di implementazione del software o una errata raccolta dati).
Ora per vedere come può essere utilizzata questa disciplina ti invito a seguire la parte dell’articolo che sarà pubblicata nella newsletter di Godel (insieme all’articolo in arrivo sul «principio di economicità e solvibilità» e il «valore fondamentale di un’impresa»).
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A presto.